Giovanni Romano
Negli ultimi anni si sta assistendo alla nascita di metodi votati a soluzioni "alternative", di autoproclamatori depositari dell'Elicicoltura giusta, proposti con meno della metà dell'impegno necessario e con il doppio dei risultati...peccato che queste "grandi idee" siano già state dimostrate come fallimentari 30'anni fa.
Quando il Centro di Elicicoltura Coclè è nato, nel 2006 - oltre dodici anni fa - a parlare di lumache erano in pochissimi e chi lo faceva era ben attento a cosa enunciava, perchè il tutto doveva essere a tutela di un settore elitario e che volutamente si voleva preservare. Gli stessi professori universitari e accademici a vario titolo, erano interessati ad un discorso meramente scientifico, trasmettendo di sovente qualche comunicato sulle pochissime, ma conosciute, riviste di settore, lasciando il progresso dell'allevamento, quindi della produzione delle lumache, agli addetti ai lavori.
La stessa gastronomia si fondava sul mantenimento di una classe, una scelta di consumatori attenti e responsabili. Il concetto era semplice: la lumaca è un piatto del popolo ed è questa la sua base di consumatori, ma in una chiave molto più vivace e dinamica del passato, in cui il cliente conosce l'origine del prodotto, sa cosa sta mangiando e che rispetto e trattamento il mollusco riceve in un allevamento naturale e biologico.
Nello stesso periodo si stava vivendo l'esplosione di internet, dei social e quant'altro, facilmente fruibili sui primi smartphone dell'epoca. Molti allevatori nati proprio a "inizio secolo" hanno scelto di votarsi a questo tipo di attività perchè troppo stanchi, spesso infastiditi e annoiati da tutto ciò, o da un lavoro che rendeva la propria vita alienata, quindi da innovare, o da quelle stantie situazioni che la crisi, all'ora agli inizi, stava portando.
E la storia ce lo insegna; a determinate cadenze si tenta sempre di tornare alle origini, quindi anche alla terra; non vi è evoluzione che tenga, tecnologia o quant'altro votato a far cambiare lo stile di vita della gente. Spesso quel che si cerca è proprio un contatto con la semplicità, che solo Madre Natura riesce a darci.
Doverosa questa premessa perchè se è vero che in questo ultimo decennio il ritorno alla terra è stato massiccio (vedasi la moltitudine di programmi televisivi, nonchè i canali di internet et simila che parlano continuamente di aziende bio, ecosostenibilità e agricoltura 2 - 3 e 4.0), è anche vero che di pari passo sono andati diffondendosi quelli che noi chiamiamo il marketing e le aziende "a basso costo".
Nell'ambito dell'Elicicoltura parliamo di aziende nate da si e no 3 o 4 anni, reputandosi veterane del settore e spesso, per darsi un tono che induca credibilità, conclamano anche esperienza pluridecennale. A questo è sempre accompagnato il massiccio supporto di Internet, dei social, e delle condivisioni che questo comporta. Se una volta era necessario che l'azienda avesse una certa ossatura per reggere il peso del marketing, stimato in cifre importanti nel proprio bilancio (dovendo partecipare alle poche fiere del settore e stare sulle riviste specializzate, anche queste molte meno di quante ve ne siano in giro oggi), adesso con poche migliaia di euro si è nella prima pagina dei motori di ricerca, si hanno siti dalla grafica estremamente accattivante e si possono sviluppare campagne mediatiche sui social. Non che prima non vi fossero imbonitori e figure che millantavano la loro competenza in un determinato settore (sono sempre esistiti), ma era un discorso molto più localizzato e meno gravoso.
Oggi, molte di queste "aziende" si fermano al bel sito e ai post che giornalmente generano sul web, rimanendo meramente virtuali e se, magari si cerca la sede "reale", fisica, di questa ditta - si scopre che non esiste e che lavorano esclusivamente sul web. Altrettanto spesso ci si imbatte in ex allevatori che, nemmeno al primo anno di attività, scoprono l'impegno che la stessa comporta per produrre, per cui decidono di sposare la formazione (spesso proponendola a pagamento), di insegnare ad altri qualcosa che probabilmente loro in primis ancora non hanno ottenuto nella loro azienda e, nel caso specifico dell'elicicoltura, espongono la materia con argomenti molto opinabili, vendono prodotti di dubbia provenienza, vendono allevamenti "chiavi in mano" - promettendo risultati e ritorni importanti di lì a poco.
Noi reputiamo internet uno strumento straordinario, in grado di raggiungere, ad oggi, ogni angolo del mondo - molte aziende sono cresciute in maniera esponenziale grazie all'oculato utilizzo di questo mezzo, offrendo nuovo lavoro e migliorando la propria immagine e posizione.
Proprio per questo, proprio perchè Internet è un mezzo ormai divenuto indispensabile nella nostra vita, chi ne fa uso per diffondere notizie, ha un'enorme responsabilità.
Da anni il Centro di Elicicoltura Coclè e la Confederazione Italiana Elicicoltori si trovano a seguire persone che vengono da un problema enorme, data da quella che il dr. Avagnina ha definito la "Grande Confusione" come titolo a uno degli articoli di questa pagina.
Tante informazioni, notizie in totale contrapposizione non solo al metodo naturale (esistente in italia da oltre 40'anni), ma anche alla stessa biologia del mollusco quale è la lumaca.
Queste persone che giungono nelle nostre sedi sono molto spesso adirate ed estremamente in collera con cosa stanno vivendo e in chi si sono imbattuti.
Questa moda generale, da tanti promotori definita come la vera elicicoltura, quella che ti fa faticare meno e che ti porta il doppio della produzione annua - già nel primo anno - sta mietendo vittime a iosa. Intere distese a unica coltivazione annuale, dove vi è una massiccia integrazione di prodotti a base di farine, dove vengono immesse lumache a quintali, spesso di importazione e tenute mesi in frigorifero, senza controllo e senza alcuna conoscenza della loro età.
Nel giro di pochi mesi le intere coltivazioni, in questi habitat si riempiono di bava, di escrementi e di piante graminacee infestanti; vi è la più totale impossibilità di controllo della situazione, perchè le stesse lumache, senza un minimo di settorializzazione, vanno dove vogliono e, categoricamente, finiscono sugli angoli della recinzione, (spesso molto improvvisata), causandone ulteriormente la morte.
Se nella zootecnia, dove abbiamo vacche, maiali, galline, pecore ecc, creiamo stalle, steccati, box per ogni singolo capo di bestiame, al fine di meglio controllare il tutto, come possiamo non farlo con le lumache?
A questa conclusione vi si è giunti negli anni '80 dopo che, sulla base di un'elicicoltura nata da poco più di un decennio, si sapeva ancora molto poco e si era propensi ad ogni forma sperimentale, per meglio capire con quale, dei metodi ideati all'epoca, la lumaca vivesse meglio, proliferando e pascolando in tempi ragionevoli, quindi utili per l'economia stessa dell'allevatore.
Quando si scoprì, nel giro di una stagione, che le lumache lasciate in un campo senza settori, con unico pascolo annuale, finivano per andarsene in poche settimane tutte sui lati dei recinti (con conseguente mortalità enorme delle stesse), si è giunti alla naturale conclusione che l'unico sistema in grado di sposare le esigenze del nostro piccolo animaletto e dell'allevatore, fosse quello di suddividere l'intera area in settori, in modo da garantire il controllo dell'allevatore su ognuno di questi e, per le lumache, la certezza di avere vegetali sempre freschi da consumare e spazi sempre nuovi nei quali poter crescere, riprodursi e svilupparsi.
Per cui risulta piuttosto esilarante, da un certo punto di vista, vedere questi ricorsi storici con soluzioni le quali, si è già dimostrato in passato, risultano fallimentari ed assolutamente controproducenti.
C'è chi "insegna" a nuovi elicicoltori metodi di produzione che portano a questi risultati:
Occorre fare molta attenzione. L'allevamento di lumache ha un equilibrio estremamente delicato e solo continui accorgimenti, perfezionamenti e minuzie portano a quei risultati che in tanti contemplano e non tutti raggiungono.
Giovanni Romano
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